
Luoghi di santità e silenzio, i monasteri certosini costituiscono significativi tasselli di differenziati percorsi della storia europea. In esse le vicissitudini dei “muti” Santi uomini seguaci di San Bruno si intersecano con la storia della Chiesa, lo sviluppo sociale ed economico delle vaste aree poste sotto la loro giurisdizione e la modifica e la tutela dei patrimoni naturalistici e culturali che insistevano all’interno dei territori nei quali si insediarono. A testimoniare questa silenziosa operatività de monaci, oltre ai loro scritti e all’arte che decora le loro chiese, permangono le testimonianze visuali di incisori e artisti che nel trascorre dei secoli hanno rappresentato i monasteri dell’Ordine Certosino o hanno cercato, talvolta con un lirismo non sempre fedele alla realtà, di raccontare la vita quotidiana dei monaci, tesa unicamente alla preghiera.
Le più antiche stampe certosine

Le più antiche “stampe certosine” raffigurano, generalmente, i loro complessi architettonici o al loro specifico universo culturale. La raffigurazione quattrocentesca della Certosa di Parigi, oggi non più esistente, tratta dall’incunabolo “Liber Chronicarum” stampato da Johann Schönsperger ad Augusta nel 1493 e 1497, ad esempio, afferisce alla cronaca mondiale di Hartmann Schedel, che colloca la descrizione di alcune certose all’interno della storia illustrata del mondo. Questa ha inizio con la prima età dell’uomo (dalla creazione al diluvio universale) e giunge all’epoca contemporanea tratteggiando gli elementi più salienti di molte città europee. Qui, l’immagine stilizzata e simbolica della Certosa parigina, oltre a fornire alcune informazioni sulla struttura anacoretico-cenobitica, mostra l’attribuzione di un valore che le soppressioni monastiche dei secoli successivi hanno inteso disconoscere.
Le stampe del Novum Theatrum Pedemontii et Sabaudiae

Le due stampe di medio formato inserite nel “Novum Theatrum Pedemontii et Sabaudiae” di Joan Blaeu (stampata ad Aia nel 1726 da Rutgeri Christophori Alberts), invece, mirano a celebrare la magnificenza della corte sabauda, proponendo i monasteri certosini piemontesi attraverso riproduzioni abbastanza fedeli alla realtà, sebbene non siano prive di alcune specifiche architettoniche non ancora realizzate ma solamente progettate, offrendo un’immagine idealizzata della Certosa reale di Collegno (Torino). Queste, dunque, costituiscono rappresentazioni verosimili della realtà e non “istantanee” consolidate dell’universo chartusiano dei primi decenni del Settecento.
La diffusione nel XIX secolo

Nel secolo successivo, la narrazione del mondo certosino e dei suoi complessi monastici si diffuse con maggiore capillarità nella società europea, facilitata dalla nascita di nuovi strumenti meccanici per la stampa e la rilegatura dei volumi e dall’introduzione di innovative tecniche incisorie. L’abbassamento dei costi per la realizzazione delle immagini e il crescente mercato librario, favorirono nell’Ottocento la diffusione di importanti pubblicazioni periodiche tra le quali “Cosmorama pittorico”, “Nuova illustrazione universale”, “Le cento città d’Italia”, “La France illustrée” e “Magazine pittoresque”, solo per citarne alcune riviste le cui stampe sono state inserite in mostra.
Manuali di viaggio e illustrazioni romantiche

Nel Sette-Ottocento, inoltre, si diffondono i manuali di viaggio che accompagnano i nobili e i nuovi esponenti della borghesia a scoprire i tesori artistici, architettonici e naturalistici presenti in specifici territori. In esse le testimonianze grafiche del mondo certosino si fondono con il linguaggio romantico della cultura del XIX secolo, introducendo “scene di genere” davanti ai monumenti (es. le numerose riproduzioni della facciata della Certosa di Pavia) o insistendo su alcuni momenti di vita dei monaci, dei quali grandi capolavori rimangono la xilografia del 1875 raffigurante l’ingresso della Certosa di Pavia nel momento della distribuzione delle elemosina (incisione di Guseppe Barberis su disegno di Leopoldo Burlando), la Litografia a penna del 1839 raffigurante la Grande Chartreuse con due monaci in preghiera (eseguita probabilmente da Francesco Guarisco), e l’incisione a bulino del chiostro della Certosa di Dijon (Borgogne) incisa da C. Costans su disegno di Arnout Louis Jules.
Visioni mitologiche e valorizzazione turistica
Tra XVIII e XIX secolo non mancarono opere grafiche e letterarie che indagarono anche gli aspetti naturalistici che attorniavano alcune Certose di montagna, creando anche visioni “mitologiche” attorno ad alcune di esse. L’immagine del sentiero e della strada che conduceva alla Grande Chartreuse pubblicata sulle pagine della rivista “Magazine pittoresque” nel mese di giugno del 1860, ad esempio, testimonia l’importanza che il massiccio della Chartreuse acquisì nell’Ottocento nell’immaginario collettivo francese in merito all’importanza della natura aspra e incontaminata. La xilografia su legno di testa realizzata da Alfred Louis Sargent su disegno di Jean-Joseph Laurens fu infatti posta a corredo di un testo a sfondo naturalistico, che può essere interpretato come una sorta di “valorizzazione turistica” del luogo.