LA “SVOLTA”. Tele e acrilici di Claudio Granaroli.

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Dopo aver esposto in numerose città italiane e aver presentato le sue opere in molte nazioni europee (es. Spagna, Norvegia, Finlandia, Belgio, Germania, Croazia, Francia, ecc.), approda in provincia di Monza Claudio Granaroli, artista informale nato a Milano nel 1939. Diplomatosi in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, entra in contatto con Pompeo Borra e Domenico Manfredi e i grandi nomi dell’arte italiana e internazionale, fondando anche la casa editrice “El Bagatt Bergamo”, che ha diretto fino al 1996, per poi iniziare nuove avventure artistico-editoriali. Pittore, poeta ed editore, nella sua lunga vita professionale Granaroli ha collaborato con oltre 500 artisti.

La mostra “La Svolta” a Palazzo Arese Jacini

Per rendere omaggio a questa grande figura, nella cornice di “Ville aperte 2021”, ISAL, in collaborazione con l’Ass.ne Amici del Palazzo e Parco Borromeo Arese, ha organizzato presso il nuovo spazio espositivo di Palazzo Arese Jacini a Cesano Maderno una personale di Claudio Granaroli dal titolo sinteticamente espresso in “La Svolta”. Oltre a presentare le nuove tele realizzate dall’artista appositamente per la mostra ISAL e ripercorrere, attraverso locandine, disegni e pubblicazioni la vita dell’artista, durante l’esposizione momenti specifici nei quali sarà possibile incontrare e dialogare con il pittore: ore uniche per conoscere l’uomo-artista che ha girato l’Europa con i pennelli e il suo vecchio Volkswagen.

Critiche e Riflessioni sull’Arte di Granaroli

Dicono dell’artista:
“Credevo che l’opera di Claudio Granaroli s’inserisse precisamente in una tradizione dell’arte del Novecento che, in modo forse sbrigativo, definirei del gesto emblematico: dipingere significa anzitutto agire; conta il dipingere e non il dipinto, la processualità della pittura invece dell’immagine finita; il mero gesto pittorico è, alla lettera, emblematico, poiché ha già dentro di sé (greco en bállo, ovvero metto dentro) il suo scopo, il suo senso. Nella poetica di Granaroli queste considerazioni risultano effettivamente determinanti, ma non esaustive. A suggerirmi che c’è molto di più, e che i dipinti esposti nella Spazio Rattiflora non si dispongono poi così minuziosamente in una linea prestabilita, è stato lo sguardo sulle opere degli anni Settanta. In quei lavori pressappoco figurativi che si situano al confine tra la pop e il surrealismo si assiste a dei veri e propri sabotaggi dell’immagine, a un’esaltazione dell’incompiuto (anzi, del mai compiuto), a una visionarietà così radicale da esulare da ogni schema critico. Le creazioni successive di Granaroli, e in particolare le sue ultime opere, mi sono apparse allora come manifestazioni di un nomadismo incessante, di una irrequietezza sempre inappagata. Piuttosto che imboccare una direzione predisposta, il gesto pittorico di Granaroli preferisce ritorcersi o deflagrare. E in questo modo ci ricorda che non basta a se stesso, che non è del tutto risolto al proprio interno, anche se il suo scopo, il suo senso, stanno probabilmente in un luogo che è perennemente altrove” – Roberto Borghi.

Granaroli: un artista dedito all’arte pura

“Un compagno di strada esemplare, un puro artista se mai ve ne furono. Raramente, nella mia ormai lunga vita, ho incontrato uomini così poco di questo mondo e così interamente dediti ad un mondo parallelo e diverso, dove l’importante non è comparire a destra o a manca, avere il catalogo firmato da un famoso critico, essere sponsorizzati da un famoso gallerista e imbalsamati ancor vivi nel famoso museo, non è produrre clamore e denaro: ma è vivere, in silenzio, un’emozione di bellezza senza mettersi in posa per l’eternità, senza apparire e senza trafficare […] L’arte, quella vera, deve molto a questi monaci, che nella mondanizzazione in ogni cosa operata dal mercantilismo e dal capitalismo hanno lavorato per lei e non per il mercato; agli uomini della dissipazione di se’; ai puri artisti come Claudio Granaroli” – Sebastiano Vassalli.

Tecniche e materiali utilizzati da Granaroli

“La pittura di Granaroli ha un forte aspetto febbrile: prepara i telai e le cornici; dipinge su tele, su carta, che poi incolla su tela; va alla ricerca di carta preziosa: per lungo tempo utilizza una carta prodotta a Pescia e destinata alla stampa all’acquaforte, poi una carta di cotone martellata, prodotta dalla Fabriano e nell’ultimo decennio carta orientale di difficile reperimento. Usa olio, acrilico, tempera, acquerello, inchiostro di china (ha lavorato anche con pastelli ad olio e stampato su linoleum): li stende a vaste campiture, spesso sovrapposti. Su un fondo dipinto, sovente spatolato ad olio, ottiene effetti di trasparenza diluendo al massimo il colore (in questo caso generalmente acrilico) e tirandolo fino ad ottenere velature sottili. Per questa ragione, all’impulso quasi automatico con cui realizza ciascuna stesura, fanno poi seguito i tempi lunghi dell’essicazione” – Sonia Cavicchioli.

La forma come racconto nella pittura di Granaroli

“La forma è il racconto anche quando vuole esserne il limite. Ma il racconto non si fa da solo bisogna che ci siano personaggi che diventano paesaggi dove il fatto accade. Quindi la forma è il racconto del giorno dopo, quando tutto è già successo e la mente comincia a correggere la realtà, la trasforma, la censura nei ricordi. Gli oggetti diventano allora sensazioni, forme che Claudio (Granaroli) riconosce essere parte di sé, della sua storia che vuole uscire e raccontarsi nel gesto libero e grande che si fa strada. E così la tela da sola tira fuori il dentro di Claudio: lo lascia sbracciare col pennello in mano, felice e finalmente senza memoria” – Michelangelo Coviello.

Alcune pagine del libro delle firme